domenica 4 gennaio 2015

Ulisse


Qualche tempo fa, con amici da tutto il mondo feci un viaggio a Itaca che fu un “viaggio a Itaca” in tutti i sensi. Forse su questo blog parlerò più in dettaglio di quel viaggio. Per ora mi limiterò a dire due, tre cose sull’episodio delle sirene, perché lo studio dell’Odissea come metafora del cammino interiore faceva parte di quel viaggio.

Sulla nave che costeggiava lo scoglio delle sirene c’era un solo uomo che sarebbe arrivato fino a Itaca: era l’unico che non stava remando, che non si era tappato le orecchie, che si stava esponendo completamente ai rischi del viaggio. Tutti gli altri – che sudavano sì ai remi, ma comodi e sicuri nelle loro orecchie tappate – Itaca non l’avrebbero mai vista. Esponendosi al pericolo, e attraversandolo indenne, Ulisse raccoglieva l’energia necessaria ad arrivare a Itaca. Ma come si esponeva al pericolo, Ulisse?

1)     con le istruzioni divine ricevute da Circe (una semidea che l’aveva istruito ben bene prima di lasciarlo partire);
2)     con l’aiuto dei compagni di viaggio;
3)     delineando in anticipo una strategia precisa (si farà legare all’albero maestro e se cercherà di liberarsi, i compagni dovranno rafforzare i nodi).

Detto in altri termini, Ulisse “lavora in modo preciso con qualcosa di preciso”; ovvero, il passaggio di Ulisse attraverso le sirene è una metafora della vita spirituale secondo gli insegnamenti di Gurdjieff. Nella Quarta Via creata da questo ultimo, ci si espone alla vita, ci si appoggia sui compagni di viaggio (e li si appoggia), si fa affidamento sull’aiuto dall’alto e si cerca di avere una strategia che aiuti ad attraversare indenni il pianeta Terra.

Un’altra cosa. Vincendo le sue sfide, Ulisse sviluppa energia sufficiente a salvare non solo se stesso, ma anche i suoi compagni di viaggio. Questi ultimi combinano disastri e si perdono definitivamente solo allorché Ulisse dorme. La prima volta, quando sciolgono l’otre dei venti offerto da Eolo; la seconda, quando mangiano le vacche sacre a Zeus.
Anche questa è una metafora di una Scuola spirituale o dei Misteri. In quest’ultima, è noto, si sta sotto l’ombrello di un Maestro, il quale sperabilmente sa creare l’energia sufficiente ad aiutare non solo se stesso, ma anche gli altri. L’Odissea ci insegna che bisogna fare molta attenzione a quei momenti in cui, per i motivi più svariati, l’ombrello si chiude. Spesso (coincidenza?) ciò avviene proprio mentre stiamo passando sotto una grondaia.

Lume non è, se non vien dal sereno
che non si turba mai

Nessun commento:

Posta un commento